Mi piacciono tantissimo i film che parlano di gente comune, perché costoro sono tutto, tranne che "comuni". Lo diventano nel cattivo cinema o letteratura, nel pensiero annoiato dei reazionari, o dei borghesi chiusi in mondi fatati e isolati.
C'è più epica nella vita del salumiere sotto casa che in mille impavidi guerrieri e compagnia bella. Non dico che i guerrieri e il fantasy siano cose brutte- brutte, anzi vi sono autori meravigliosi e imperdibili, in quel campo. Io, da spettatore o lettore, preferisco altro: appunto lo ripeto di nuovo la possanza e maraviglia di fronte a vite e storie "ordinarie". ma che di banale o pleonastico, se ben vedete non hanno nulla
Kore-eda è un grande maestro nel mettere in scena codeste storie, bisogna dargli atto. Certo se dal cinema volete il fantastico, gli effetti speciali, eroi e cattivi, spettacolo e intrattenimento, ecco queste opere potrebbero annoiarvi; ma qualora foste intellettualmente normodotati e non bambinoni di quaranta anni, bè datevi una possibilità: lasciatevi trasportare nella limpida poetica di esistenze "apparentemente lisce", va vi cito pure Ruggeri!
Ci sono molti modi per narrare la stessa storia. Per questo gli oligofrenici che se la sono presa colla sola opera degna di nota di Genovese, si son bloccati a : ma è sempre la stessa menata del gruppo di amici in casa e delle loro beghe. Carissimi, questo è il cinema! In particolare quello di genere, al massimo arriviamo a tre canovacci, poi sta all'abilità dello sceneggiatore e del regista a dargli spessore e importanza.
I film su famiglie che si ritrovano, dopo un lutto o per le vacanze, sono migliaia. Perché tutti abbiamo una famiglia, tutti abbiamo passato momenti orribili e voglia di riappacificare rapporti forse un po' tralasciati, fissi sulla nostra idea di chi sia un genitore, un figlio, si chiama "sindrome di Giovanni Mari", ti porta ad odiare un padre per tutta la vita, ma senza conoscerlo, basandosi su un'idea, un momento negativo. Capita a moltissime persone.
Per cui è normale e giusto che si facciano tanti film su questo tema. Kore- eda è un esperto del settore.
Per cui la differenza cosa la fa? Lo sguardo. Dolan, nel suo ultimo capolavoro, vuol farci notare la fragilità e inconsistenza delle relazioni, di come ognuno sia chiuso in un mondo ostile e a parte, Kore- eda si è laureato all'Università Virzì e Spielberg, lui crede negli esseri umani e nelle loro debolezze. Per questo, anche se non ci sono i finali più ottimisti di codesto mondo, c'è sempre una compassione profonda, una dolcezza soffusa.
Non manca nemmeno in questa sua ultima pellicola.
Ryota era una possibile promessa della letteratura, che si è voluto perdere in un mondo marginale basato su gioco d'azzardo, solitudine, un lavoro di investigatore privato non proprio onestissimo. Un uomo placidamente alla deriva. Uno di quelli che conosco bene e in un certo senso sento affine, forse anime troppo pigre per impegnarsi davvero a far qualcosa di buono, o troppo limpide per adattarsi a questo mondo. Non lo so, non importa.
La cosa fondamentale è che lui tenta di essere un buon padre, ama ancora la ex moglie, ma non è in grado di gestir al meglio quella cosa complicata che sono le relazioni umane. Una parola non detta o una di troppo, una confessione o richiesta d'aiuto che ci imbarazza o che avremmo dovuto fare. Così meraviglioso e fragile il mondo umano, come fai a non amarlo?
Così dopo una prima parte di descrizione del lavoro di Ryota, non la migliore, arriva la tempesta, che costringe i personaggi a trovarsi chiusi nell'appartamento della madre dell'ex scrittore. Non succede nulla, eppure succede tutto.
I dialoghi colla madre, col figliolo, con l'ex, sono ricchi di amore e delusione. Le basi della nostra esistenza. Lui vorrebbe essere migliore, ma non può. La differenza fra la retorica americana, la follia da pirla dei life coach e un aderire seriamente alla vita è questa: non tutte le vite brillano e sono destinate a una redenzione, un riscatto, al - mi si perdoni l'orribile termine- successo. La maggior parte vede fallire sogni, desideri, speranze, illusioni, allora cosa ci rende più grandi della vita? Il tentativo
Lo so, non farò mai quello che voglio, ma tento di farlo. E poi vado avanti, farò altro.
Capita a volte che si cresca in contesti dove l'infelicità sia una radice forte, dove ti vengono elencate le difficoltà, mancanze, difetti che hai, come se tu fossi un'anomalia. Così cresci convinto che ogni cosa sia una sconfitta meritata e non fai nulla.
Invece dovremmo educare i nostri cari(figli fratelli genitori consorti) a tentare sempre di costruire/ricostruire dei rapporti umani solidi. Sono le cose che ci rendono vivi.
Questo avviene tra i personaggi di questo bellissimo film. Nelle loro incomprensioni umanissime, nel dolore e nella voglia di esserci, di parlarsi, di scontrarsi.
Kore-eda non ci spinge a ritenere Ryota un essere deprecabile, non lo condanna, come non punta il dito contro nessuno dei suoi personaggi. Nemmeno li giustifica. Fa una cosa importante: li comprende, e ce li fa comprendere.
Dopodiché liberissimi di ritenere l'ex scrittore un uomo non apprezzabile, il giudizio è fondamentale di questi tempi così lassisti e normalizzatori a ogni costo. Però, prima, abbiamo avuto la possibilità di incontrare un uomo: disonesto e poco raccomandabile, ma anche pieno di amore per il figliolo e di rimpianto trattenuto per la sua vita.
Di questi tempi, film come questi, sono necessari e fondamentali.
2 commenti:
Tanto amore per questo film. Tanto amore per Kore'eda, un regista imprescindibile. Sarebbe un mondo orribile senza di lui, un mondo troppo diverso da quello reale, normale. Intanto, ai Liebster Award non potevamo non nominare anche te! :D
grazie per la nomina, mo vengo a leggere!Si senza registi di questo tipo saremmo davvero perduti ^_^
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