lunedì 7 ottobre 2019

Joker di Todd Philips

Da un paio di anni c'è stato un cambiamento di rotta nel far cinema da parte di alcuni registi di commedie, spesso demenziali e con tendenze a una volgarità tanto libertaria quanto infantile, non possiamo definirlo movimento o svolta epocale,  perché riguarda principalmente due o tre registi (ma di Jay Roach dopo l'ottimo film su Trumbo ho perso le tracce per cui non so nemmeno se valga la pena citarlo insieme agli altri due, voi comunque rivedetelo Trumbo che è bello assai) rimane il fatto che l'idea di regista di genere o di commedie, non è un marchio d'infamia  e che partendo da quel tipo di linguaggio, di esperienze si possa poi approdare in un ambito più politico, radicale, di contaminazione di linguaggi e generi.  Penso ai film di Adam Mackay sulla crisi del 2008 o Chenney, penso a quel bellissimo film , che in pochi hanno visto e considerato dal titolo di " Trafficanti", diretto da Todd Phlips. Opera irriverente, dissacrante, tanto grottesca e comica quanto amarissima e pessimista, sulle vicende di due idioti americani che fanno i soldi vendendo armi.
"Trafficanti" rimane una commedia, per i ritmi, i tempi, la costruzione di situazioni e personaggi, ma lascia intendere che questo genere ha un potenziale enorme se ben utilizzato.

Questo prologo serve per spiegare che Philips stava cercando di maturare una visione dei suoi prodotti in cui la commedia non serve più a far ridere e a renderci spensierati, ma è un mezzo che è servito da prima a veicolare un messaggio sull'arrivismo economico americano e i suoi danni, parlo di Trafficanti, e ora è un'illusione salvifica, una debole speranza, per salvarci dalla violenza costituita come regime contro le masse.
Joker potrebbe essere la pietra tombale sulla commedia americana, ad alcuni questa cosa garberebbe assai, nel senso che la risata non è più liberatoria o libertaria. La leggerezza e l'intrattenimento gentile delle battute non può nemmeno illuderci di poter sollevare il nostro morale. 
Ridere non è più un elemento che ci unisce in una sorta di salvifica gioia collettiva, ma è il grido straziante di dolore di un uomo solo, malato, abbandonato.
Il film par dire che in questo mondo  vittima di pochissimi e spietati imbecilli che usano il potere politico con lo stesso spregio per le regole con cui il sistema economico domina le vite delle masse sempre più amorfe e anonime)  l'unica cosa che ci rimane è una follia latente, feroce, pronta ad esplodere per far tabula rasa di ogni cosa.  Vorrei dire agli sceneggiatori che non siamo nel Medioevo dove le masse sapevano che dovevano incendiare il castello del nobile e non la capanna del vicino,  però a ben vedere la folla che dietro una maschera da clown  invade le strade, non ha slogan politici e obiettivi chiari. Essa è pura e totale rabbia individuale, senza causa, che si accompagna a quelli di altri uniti dal fatto di sentirsi dei pagliacci, buffoni, costretti dal direttore del circo a esibirsi nello spettacolo delle loro vite vuote e disperate.
Questa scelta è una rielaborazione moderna del cinema anni 70.
Philps omaggia il cinema della Warner degli anni 70, dedica la sua opera all'immaginario scorsesiano e cita alcuni capolavori del grande regista italo americano. Tuttavia credo che Taxi Driver non sia il vero metro di paragone, seppure è presente nella pellicola il fantasma di Travis.  In Taxi Driver c'era un uomo che tornava a casa a pezzi dopo la guerra. Un evento estraneo alla sua vita e alla sua Nazione, non tanto una malattia psicologica dovuta a una madre folle e continui maltrattamenti.  Travis ha un lavoro "sicuro" che viene giudicato tale dalla società, fa parte di un gruppo di persone ben definite, visibili. Arthur e i suoi colleghi sono l'immagine dei nuovi lavoratori. Non tanto diversi dai promoter nei centri commerciali, sono invisibili, derisi,  senza diritti sindacali o appartenenza a un settore preciso del mondo del lavoro. Travisi vive in una società che sta precipitando a folle velocità verso la follia, Arhtur e quelli come lui, raccolgono i detriti di una guerra persa. Ci sono dei vincitori, i ricchi, quelli che manovrano l'economia, e poi delle bestie impazzite e impotenti, in attesa di assaggiare il sangue, ma per il momento ammaestrate e addestrate a soffrire. In silenzio, in modo anonimo, soli.
Travis cerca in qualche modo il contatto con gli altri, in un qualche modo la sua figura finale è quello di un angelo della vendetta. C'è una sorta di giustizia divina proletaria che colpisce il male nella e della società, anche se in un contesto di totale alienazione.  Arthur non sa che pensare e badare a se stesso, le sue illusioni di riscatto sono debolissime, non può far altro che ridere dei sentimenti, delle aspirazioni che ha.
Certo i personaggi hanno in comune la paranoia, la violenza che esplode e diventa un mezzo per riprendersi la vita e il ruolo nella società, ma sono profondamente diversi perché i contesti in cui si muovono sono lontani l'uno dall'altro.  Si uniscono solo nel gioco sempre più normalizzato e standardizzato della continua citazione per cinefili.
Invece trovo sia più pertinente il paragone con" Re per una notte" con il comico famoso e di successo che è l'ossessione di un fallito che si reputa divertente.  Mi par che l'idea dello spettacolo come ancora di salvezza e riscatto delle vite mediocri e dolorose dei perdenti, perché nel show appari e sei amato,  sia molto simile tra le due pellicole, però anche in questo caso gli autori operano una scelta che parte dall'omaggio a quel cinema per portarla direttamente ai giorni nostri.  Rupert in fin dei conti tentava di costruirsi un personaggio, aveva un canovaccio comico da cui prender spunto,  Arthur non è un comico nemmeno dilettante, è uno che vorrebbe far quel mestiere. Crede di far ridere ma non ha uno straccio di copione, se non gli appunti disordinati sul suo quaderno che però non hanno a che fare con battute o spunti ironici. Sul palco oltre che ridere follemente, racconta la sua vita, il suo dolore.
Non è più tempo di trasformare il malessere in comicità, ma di sprofondare in esso.
Non lotta per "ripulire la società", non vuol diventare davvero un comico di successo, vive in un mondo ormai giunto al capolinea. In cui le contraddizioni, le dinamiche sociali e politiche non influiscono più di tanto sulle scelte egoistiche del capitalismo, anche quello che si spaccia amichevole e green.
Per cui non rimane che la violenza per la violenza, veder bruciare la città, ascoltare il melodico e straordinario canto che sono le suppliche di un vile impiegato di Wall Streete, scena potentissima e meravigliosa che mette a nudo la pochezza e codardia della classe dominante, rimane il fuoco e la ripetizione infinita di una maschera, quella del clown, che dovrebbe esser di sollievo ma in realtà è solo il ritratto più vicino a un povero diavolo, che però non ci fa pena. Perché è respingente, non vuole essere aiutato in verità.
Alcuni si lamentano del semplicismo del messaggio, come se la loro amata Greta dicesse cose complicate o profonde, altri- quelli che hanno prenotato un posto in prima fila nella spazzatura della storia- si lamentano per la solita accusa al capitale, altri parlano di questo film come se fosse un'opera sperimentale, poi ci sono quelli che sono entrati in fissa con Taxi Driver o altre cose.
Io ho apprezzato molto questo film perché rimane comunque un film di genere. Non è la rielaborazione di un Autore, non siamo di fronte a un'opera epocale e d'avanguardia, ma a quel magnifico, meraviglioso, film  artigianale fatto davvero bene.
Non è originale affatto, e allora? Dopotutto mi meraviglia che la spocchia dei cinefili dell'era di internet abbia impedito a costoro di vedere quanto questo film sia debitore con l'idea di cinecomic che ha avuto Nolan ai tempi dei suoi Batman. Tuttavia è un buonissimo prodotto che unisce intrattenimento e discorsi semplificati, certo, ma non avulsi o estranei al contesto storico in cui viviamo. Come Greta parla ai ragazzini, questo film parla a quelle fasce di spettatori che non fanno politica, non fanno quasi nulla ma  si sentono ingabbiati e non capiti dal mondo.
Joker è il simbolo della nostra rabbia distruttrice soffocata dietro una risata che non seppellisce nessuno, ma libera il male che cova in noi. Temo che non basteranno un Cliff Booth e Brandy a fermarlo.,
Perché se Tarantino sogna un mondo possibile grazie al cinema, Joker lo nega e rigetta.
Per essere un film legato al genere è più radicale e pessimista di molte opere decisamente migliori e più profonde.
Per finire Joacquin Phoenix, memorabile e straordinario.

In fine un omaggio al grande Ginger Baker e ai Cream che con la loro White Room fanno da sottofondo alla rivolta finale.

2 commenti:

Alessandra ha detto...

Però secondo me ci sono un po' troppi "spiegoni" e qualche faciloneria evitabile. Su tutto il resto concordo.

babordo76 ha detto...

Può darsi, anche perché spiegoni e spoiler mi vengono naturali anche quando parlo! Ti ringrazio per il commento perché reputo utile che si indichino le cose con cui non siate concordi, come lettori. E ti ringrazio il triplo, son pur sempre egocentrico, per il fatto che tu sia d'accordo con il resto ^_^ Ciao!