Abituati come siamo a dividere le opere in capolavori o cazzate, non ci rendiamo conto di come un film riuscito non debba per forza contenere idee che apprezziamo, o senza errori. Un buon film, a mio avviso, è quello che ci rimane in mente anche dopo averlo visto, perché ci porta a riflettere su cose che riguardano la nostra vita, la società in cui viviamo. Non è nemmeno detto che debbano essere film politici o d'autore, una commedia o un film di genere possono veicolare messaggi più o meno importanti.
In un certo senso, "Figli" è un'opera di questo tipo. Una commedia che rappresenta bene la nostra società e che ci pone anche riflessioni sul rapporto di coppia, come sia possibile costruirsi una famiglia e mantenere un certo equilibrio interno senza sbroccare del tutto. A volte la pellicola centra il bersaglio, spesso abbiamo i pipponi della Cortellesi.
La storia di una coppia di mezza età ( ma che come tutti noi quarantenni ancora si vede giovane) si trova a dover affrontare la nascita del secondogenito Questo evento mina i fragili rapporti tra marito e moglie, che si vedono abbandonati a dover far fronte a tanti piccoli e grandi problemi legati ai figli, in particolare l'ultimo nato.
Questo film è tratto da un monologo teatrale di Mattia Torre, intitolato I Figli Invecchiano, portato a teatro da Valerio Mastandrea. Torre firma soggetto e sceneggiatura, non ha potuto curare anche la regia perché purtroppo è venuto a mancare.
C'è quindi una certa tenerezza e amarezza che va oltre alla trama o alle scelte di regia, come in tutte le opere- testamento.
Ma al di là di questo cosa possiamo dire di Figli? Che offre spunti per riflettere su cosa significhi esser genitore oggi, in particolare sfata il mito per cui il primo figlio sia quello più difficile da gestire. In quanto, almeno così sottolinea Torre, il primogenito trova i neo genitori pieni di forze, entusiasmo, energie, ogni cosa è nuova e le fatiche sono uguali ai problemi.
Col secondo invece tutto cambia, forse si sottovaluta la situazione e nascono problemi col lavoro, le famiglie di origine, la società sembra proprio non saper come aiutare i genitori.
Per cui l'opera punta a una analisi sociale, politica, sentimentale ma non sentimentalista della famiglia e della coppia, e in parte ci riesce grazie sopratutto alle ottime interpretazioni di Paola Cortellesi, sempre molto brava e "dentro" ai suoi personaggi, e Valerio Mastandrea, che conferma di essere uno dei nostri attori migliori, anche la regia punta a una messinscena non troppo tradizionale, puntando a elementi anche surreali. Il che rende Figli un prodotto leggermente diverso e migliore rispetto alla classica commedia italiana e più intelligente rispetto alla sopravalutata commedia francese.
L'amarezza è vera, anche se fin troppo sottolineata a volte, e i problemi, il senso di solitudine, di incapacità di poter confrontarsi con la vita e la sua complessità, tipica di noi quarantenni.
Queste sono le cose che ho apprezzato e che sono alla base del mio giudizio positivo, ma non mancano nemmeno difetti.
Tanto alcuni spunti sono interessanti quanto molti altri sono frutto del pensiero debole liberal democratico, tipico di una certa parte d' Italia. Una classe borghese anche piccola/media autoreferenziale, che si informa male ma è convinta di sapere tutto quanto, una classe di uomini e donne che pensano di aver trovato i propri nemici, ma sbagliando sempre il bersaglio.
Lo vediamo come si punti a santificare le persone che hanno problemi con le agenzie delle entrate, come se al suo interno vi lavorassero solo dei sadici che non hanno niente da fare che massacrare i poveri imprenditori, in realtà moltissimi si sentono uomini d'affari ma non sono capaci e in grado di portare avanti una loro azienda.
Non manca nemmeno quel tono che già stonava in Boris, cioè quel voler denunciare i mali del paese, con il classico qualunquismo disfattista di sinistra, come già denunciava Morando Morandini negli anni 90, cioè quel lamentarsi di vivere in un paese diviso, furbo, in cui tutto e tutti fanno schifo. Questa cosa è scritta e diretta in modo assai banale e sciatto, vedi la filippica del personaggio della Cortellesi contro la madre, in cui tutta la colpa dei problemi italici è perché ci sono i vecchi. Che hanno vissuto a sbafo, si sono mangiati tutto quello che potevano, si alzavano la mattina e taaaac: lavoro, casa, soldi, stabilità.
Questa battaglia giovani contro vecchi è una stronzata epocale che piace a chi proprio deve dire la sua. Come se i nostri padri non abbiano combattuto per aver i loro diritti sociali e civili, I problemi dipendono da scelte politiche sempre più a vantaggio della produzione, profitto, contro l'essere umano, il suo bisogno di avere una relazione umana seria con gli altri, potersi costruire un futuro che non dipenda da un lavoro spesso poco pagato. Ma lo scontro giovani contro vecchi è più facile, che fa fico e non impegna.
Peraltro, ma quali giovani? Quelli che hanno già superato i quarant'anni? Forse dovremmo comprendere che siamo noi a essere troppo deboli, egoisti, capricciosi, incapaci di prender responsabilità e quando lo facciamo ci lamentiamo come se avessimo fatto cose straordinarie.
Ecco, i protagonisti di questo film non sono simpatici, non viene voglia di empatizzare con loro, a livello sociale e politico, perché poi comprendiamo che siamo tutti deboli e umani e quindi le difficoltà che vivono sono comprensibili, ci piacerebbe dargli una mano.
Tuttavia non possiamo evitare di ragionare su alcune debolezze tipiche della nostra generazione. L'idea è che molti di noi pensino di esser la prima generazione a crescere in condizioni di grosse difficoltà. E le grosse difficoltà spesso sono legate ai rapporti con gli altri. La coppia, la famiglia, visti come obblighi, doveri, che noi "giovani" vorremmo evitare oppure non sappiamo come affrontare.
Ci sono moltissimi film che parlano di quarantenni in crisi: con gli uomini o le donne, con la famiglia di origine o propria, tutti più o meno uguali, pronti a giustificare la generazione di cui facciamo parte.
Siamo quelli che sanno tutte le sigle dei cartoni animati, che ci lamentiamo se ci uccidono l'infanzia con i remake dei nostri film degli anni 80, quelli che pur capendo di vivere in un mondo di merda non se la sentono di metter in crisi il capitalismo, perché laici a cazzo di cane come siamo siamo fondamentalisti dell'economia e del libero mercato.
Tutto questo però nei film non viene mai portata al centro della narrazione, preferiamo evitare un mea culpa urgente e pressante per rifugiarci in riflessioni politiche banali, scontate, noiose.
Per questo Figli non è un film riuscito del tutto, troppo supino a una critica sociale dozzinale, non tanto perché fatta da gente sciocca e ignorante, ma perché frutto della pigrizia intellettuale di una classe semi borghese, leopoldiana.
Tuttavia la bravura dei protagonisti, alcune riflessioni di sceneggiatura e una regia comunque incisiva costruiscono un prodotto decente e piacevole.
Ribadisco un film non deve per forza essere un capolavoro o scevro da difetti. L'importante è che ci stimoli a pensare, riflettere, questo avviene vedendo questo film.
lunedì 27 gennaio 2020
FIGLI di Giuseppe Bonito.
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