lunedì 23 giugno 2014

C'ERAVAMO TANTO AMATI di ETTORE SCOLA

E poi, senza quasi accorgertene, arrivi a un certo punto dove non pensi più : " Io sarò, farò, gli altri per me..",  ma  ti ritrovi a dire: " Cosa lascerò in eredità?" Ai figli, alle nuove generazioni.
Io a parte una morale immacolata, di gucciniana memoria, cosa lascerò ai miei cuccioli? Dei libri, dei dischi, dei film.
Perché l'arte per me deve avere dei messaggi sociali  e umani sempre ben presenti. Non amo quelli che si auto esiliano, che vivono lontani dal mondo, che non sanno narrare l'epica del e nel quotidiano.
Per quanto mi riguarda sono le storie condivise e collettive, quelle che meritano di essere tramandate ai posteri. Il motivo? Servono come narrazione orale, come una volta si lasciava alla generazione successiva le perle della precedente attraverso le mirabolanti imprese di mitici eroi
 Solo che in questi tempi gli eroi non stanno bene. Forse è anche una cosa giusta, perché non hai più tempo per delegare a qualcuno meglio di te, ma devi essere tu a prenderti le responsabilità e conseguenze del tuo operato.
Per farlo devi avere degli ideali , sai? Va che non è una brutta malattia! Ma quella idea limpida e luminosa che guiderà la tua vita.
Tuo padre, figlio mio, ti lascerà queste cose: i suoi film , i libri, le canzoni, e un fortissimo ideale di giustizia e diritti sociali. Non civili o individuali,ma sociali e di classe.
Forse non lo capirai subito e molto probabilmente lo considererai un cretino,ma se tu dovessi prestargli un paio d'ore vedendo codesta pellicola insieme, magari potresti comprendere come una vita vissuta con dignità e ideali sia meglio di certe esistenze alternative e materialistiche. Meglio vivere da incompresi che da stronzi.

  

Cosa dobbiamo dire a proposito di questo immenso capolavoro? Possibile spacciarsi per critici seri scrivendo un'infinità di belle parole circa cotanta grazia filmica? Forse si. Probabilmente si potrebbe fare.
Ma io non lo farò, non è nei miei interessi.

Vi basti sapere una cosa : siamo di fronte a un'opera di potentissima pulcretudine, ricca di invenzioni tecniche e di scene , anzi sequenze memorabili. Una pellicola di intensa e cristallina commozione , empatia e giudizio critico sui personaggi, una vera e propria rappresentazione umana con i suoi pregi e le sue miserie.

Trentanni di storia italiana , ( dalla gloriosa ed eroica resistenza,. alla faccia di Pansa, fino a metà anni 70), descritti attraverso le vicissitudini di tre amici: Antonio, Nicola, Gianni.
I loro amori, le loro lotte e i tradimenti.



Perché soltanto noi italiani sappiamo combattere per le cose giuste e poi disperderci nelle ingiustizie, nella sopraffazione, nel potere gretto e nel successo dozzinale. Soffocati da un'apparenza che è triste rivalsa nei confronti degli altri. Mai una ricerca cristallina di felicità, ma suscitare invidia attraverso una patetica esposizione del proprio potere.
Così capita che per i tre amici e partigiani le vie della vita , nella democratica colonia americana, si dividano.
Antonio , il personaggio in cui mi ritrovo maggiormente e che mi emoziona sempre tantissimo, rimane fedele ai suoi ideali. Un uomo per cui la fedeltà in politica e per gli amici è fondamentale.
In questo mi rivedo tantissimo. La ricchezza di un uomo la misuro , non tanto nei danari che ha disposizione, ma dalle compagnie che frequenta, dai pensieri che ha, dalla sua capacità di circondarsi di amici e non conoscenti.



Subirà fortissime delusioni sentimentali e politiche,ma egli è forte.  Resiste e continua sulla sua strada. Uomo semplice , ma non rozzo o sciocco.  Un personaggio memorabile, un ottimo esempio di persona e una interpretazione stupenda del grandissimo Manfredi.


Nicola Palumbo , invece, a Nocera Inferiore si sente soffocato dal clima reazionario, ottuso, bigotto, di profonda ignoranza reazionaria.
Idealista maldestro, anche patetico, eppure capacissimo di slanci emotivi intensi, come di improvvise e repentine malinconia e nostalgie.
Lui è speculare ad Antonio, come se fosse una versione intellettuale e tormentata del compagno portantino.
Lo vediamo ribellarsi ai cafoni del suo paese, anche se sono suoi colleghi di scuola, tentare vanamente l'avventura letteraria, inseguire la chimera di una rivoluzione culturale, ( in Italia? Paese dove appena accenni qualcosa di fuori della faciloneria sciatta, ti trattano da imbecille radical chic-professorone della casta), ma dovrà fare i conti con una realtà crudele e cattiva.
Eppure , a modo suo, non si arrenderà .




Memorabile la scena che lo vede come concorrente a " Lascia e raddoppia" . Improvvisamente diverrà l'eroe della gente dalla quale ha ricevuto solo insulti e odio. Perderà anche questa occasione perché non cederà all'evidenza di un suo errore , o forse è troppo avanti per la piccolezza di un quiz  e del suo paese.

Mi rivedo assai in questi due personaggi. Mi dirai: " Ma guarda che sono molto diversi? " Lo so. Contraddizione, mio pane quotidiano.
Però mi riconosco nei loro modi così puri, cristallini, limpidi, nella difesa delle loro vite e dei loro ideali. Nel fatto di esserne anche coscienti, e di cercare di vivere o sopravvivere nonostante tutto.
Antonio con maggior aderenza alla realtà e nel litigio tra i due , dopo una cena - rimpatriata con Gianni, si vede tutto lo scontro interno nella sinistra italiana. Extraparlamentare e comunista. Scontro eterno, duraturo, che si basa su disillusioni, potentissime idee, meravigliose intuizioni, clamorose sconfitte.

Quanta è bella ed intensa la vita di noi che abbiamo tutto questo. Talmente bella che agli altri fa ridere. " Va gli scemi che non hanno capito un cazzo! Fa i soldi, devi essere furbo, frega che tanto lo fanno tutti"
Lo fanno tutti è una schifosa scusa fascista. E una schifosa scusa grillina.
Noi , nonostante gli errori e le sconfitte, siamo altro e oltre.




Gianni è il vero perdente del film.

Da partigiano ad arrivista smodato. Da uomo che ha avuto ideali ed amici, a essere solitario e grettamente attaccato a un benessere del tutto esteriore.
Eppure, Scola e la premiata ditta Age - Scarpelli, non ce lo presentano solo come un farabutto. Lo è, si prende gioco degli amici, manipola la gente, è un traffichino, un arrogante. Ma.... C'è sempre un ma e quello di Gianni sono i suoi brevissimi atti di constatazione circa la sua assoluta nullità. Quando nascondendosi dietro al disprezzo, al sarcasmo, alla pena per amici e moglie , si nota la sua sofferenza. Di chi si è venduto per un po' di gloria da coglioni, effimera
Eppure Gianni è anche il personaggio più universale. Quello più Italiano.




Un grande film lo noti e riconosci anche dal modo in cui descrive i personaggi secondari, o co protagonisti. L'attenzione che mette, ad esempio, nel descrivere il complicato universo femminile. Qui abbiamo alcuni ritratti di dolente e meravigliosa bellezza.
Luciana , una bravissima Stefania Sandrelli, è un grande personaggio di donna . Non mancano mai le sfumature e delicatezze, le contraddizioni, le delusioni, tipiche dell'altra metà del cielo. Non la giudichiamo nemmeno per i tradimenti che fa vivere al povero Antonio,( bellissima, a tal proposito, la sequenza del pianto stampato sulle foto nella cabina fotografica), perché nati da un bisogno smodato e mal riposto di amore, di certezza, di sicurezza. Fragile e immensa, come sono tante donne.
E alla fine , dopo tanto patimento, ecco che trova il suo uomo: Antonio, chiaramente, perché noi - intesi quelli che si rivedono nel personaggio di Manfredi, come me- siamo così: ottimi compagni di vita.

Luciana ha una notevole evoluzione come personaggio, come tutti quelli rappresentati in questo splendore di film, e ci commuove il suo continuar incespicare sui sentieri della vita.

 

Elide è la figlia sgraziata di un farabutto palazzinaro fascista, ( un memorabile Aldo Fabrizi: " Io non moro, a ricordate : Io non moro!" ), che rimane affascinata da Gianni. Grazie a lui si metterà in forma e si avvicinerà a un certo esistenzialismo di matrice Antoniana
Io amo immensamente questo personaggio. Rimane quello che più mi commuove e fa penare. Perché passa la vita trascurata, incompresa, quando  - come canterebbe Ben Harper: " lei ha dentro di sé i diamanti"- è una donna dolcissima che cerca comprensione, affetto, eppure non li trova da nessuna parte.
Quante donne vivono in questa amarissima condizione? Quante fanno fatica a trovare il sostegno affettivo da parte del mondo e delle persone che stanno accanto a loro?
La scena dallo sfascia carrozze è di una tristezza clamorosa. Due perdenti che potrebbero unire le loro sofferenze e che invece si ribattono, ormai inutilmente, le rispettive incomprensioni e indifferenze. Gianni e consorte , come simboli di un' Italia senza dialogo e comprensione.


"C'eravamo tanto amati", è una riflessione dolceamara, tragicomica, commovente e sarcastica, sulla storia d'italia, un omaggio meraviglioso al cinema, ( la famosa scena durante le riprese della " Dolce Vita" con le comparsate di  Fellini e Mastroianni),un saggio antropologico, l'amara presa di posizione politica  e di autocritica fatta da sinistra per la sinistra.
Ed è anche un gioiello di cinema puro, con le sue innumerevoli trovate tecniche, le sequenze memorabili, il realismo magico di certi episodi.

"C'eravamo tanto amati" sarà il film che donerò come ricordo a mio figlio, se mai dovessi averne uno, o che lascerò al mondo perché non si scordi la nostra storia di resistenza e impegno politico e la sublime bellezza del nostro cinema.

E poi ci ritroveremo come le star, allo Stalin Bar a cantare : " Io ero Sandokan"

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