Uno dice: " L'Australia! Spazi aperti, natura incontaminata e selvaggia" E anche tanti film che decisamente non vanno per il sottile: tra serial killers, coccodrilli, e mostri vari. Proprio come avviene con questa opera di debutto di un regista australiano, che fino a quel momento si era fatto notare per la regia di molti videoclips di band e artisti famosi negli anni 80
Il Razorback del titolo è una sorta di mostruoso cinghiale, una creatura affamata di carne- va benissimo anche quella umana- che semina morte e terrore in uno sperduto villaggio di sudici, rozzi, cacciatori di canguri. Come ben sa un vecchio cacciatore a cui la bestia ha assassinato il nipotino, del delitto verrà accusato l'uomo. Ovviamente costui non desidera che vendicarsi. Il suo destino si incrocia con quella di una giornalista ecologista e animalista, che giunta nel suddetto paesino...
Il film è notevole nella sua parte visiva, Mulcahy riprende il suo paese e quelle lande deserte e fatiscenti come fosse l'inferno in terra. Tanto che la temibile bestia NON è il cattivo da eliminare perché irrompe nella vita di poveri cittadini perbene, come potrebbe esser il mitico Bruce e gli abitanti dell'isola di Amy, ma è quasi la rappresentazione della bestialità del luogo e degli abitanti. Carcasse, polvere, fango, sudore. E su tutto la sporcizia, del sangue, delle morali. Come scoprirà il marito della reporter giunto anche lui in quel posto dimenticato da dio.
D'altronde è più pericoloso quell'animale sanguinario o i due fratelli cacciatori, macellai, psicopatici, che paiono vivere in un'era post apocalittica, paiono usciti da un film di Mad Max?
Si, amico: è l'inferno. Lo scontro tra questa parte della terra, con la sua brutalità e il raziocinio, le buone maniere civili, sarà inevitabile ed inevitabilmente si dovrà scendere al livello primitivo della rabbia, della ferocia, della violenza. Potremmo definirlo: Jaws meets Cane di paglia. Sicuramente, pur rimanendo un film di genere, questa pellicola si differenzia dalle altre per un discorso di Bestialità e disumanizzazione dei suoi personaggi. Travolti dalla vendetta, o dalla follia.
L'atmosfera insana, disturbante, di assoluta devianza. L'impatto fisico visivo fatto di carcasse putride, ratti, metalli arrugginiti, totale solitudine, indifferenza e odio per il diverso, rende questo film indimenticabile. Non si lesina certamente in colpi bassi, la morte del bimbo, la protagonista che in realtà scompare quasi subito, il tutto girato con una tecnica certamente figlia dei videoclips, ma mai scadente e snervante, anzi Mulcahy firma alternando momenti di finta calma, con altri di convulsa tensione, ma non si scade mai in confusione.
Opera sicuramente particolare, originale, da vedere.
lunedì 14 settembre 2015
RAZORBACK- OLTRE L'URLO DEL DEMONIO di RUSSEL MULCAHY
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