La vita di/in coppia è quanto di più complesso possa esserci in una società individualista. La presenza di una persona che è altro e oltre a noi si scontra con dozzine di canzoni, film, consolidati pensieri comuni, per cui l'amore è un fatto naturale che non ha bisogno di altro a parte la sua stessa esistenza, per donare felicità alle persone coinvolte.
Non è così, esso è molto più simile al vivere quotidiano fatto di gesti e abitudini, che al romanticismo carico di possanza emotiva e frasi ad effetto, che vediamo nelle pellicole sentimentali americane.
Ci tengo a precisare che da sostenitore delle commedie romantiche, non ho nulla contro alle loro derive fantascientifiche a base di vissero per sempre felici e contenti. Questo bisogno di favole è legato all'ossessione per un sogno che prima o poi ci salverà dalla triste realtà che rifiutiamo. Milioni di americani con il loro american dream sono la prova vivente di questa teoria.
Non voglio far passare il pensiero che allora il cinema o la letteratura debbano solo raccontare il reale e il vero, perché spesso ci viene difficile comprendere cosa sia la verità e la realtà. Questioni filosofiche profondissime che non possiamo e vogliamo affrontare qui.
Per cui la pellicola d'evasione se fosse gestita bene potrebbe aver anche una forza sovversiva e potente contro la bieca realtà di uomini e donne come isole, sempre destinati a una solitudine che per vigliaccheria ci facciamo andar bene. D'altronde la stessa società che ci fornisce di canzoni d'amore e film romantici, nel concreto ci lascia credere che i nostri problemi relazionali, di impegno e responsabilità verso i legami, l'amore e l'altro, siano assolutamente normali. Infatti non mancano film o libri che sono inni ai quarantenni nevrotici e in crisi relazionale, spesso ci fanno ridere ( Rebecca Bunch il personaggio principale di Crazy Ex Girlfriend è un classico esempio di questo tipo di caratterizzazioni) ci rincuorano sui nostri fallimenti e debolezze. In questo caso il cinema tratta una verità e una realtà assolute del mondo in cui viviamo, ma l'effetto evasione è più o meno lo stesso.
In realtà il cinema dei rapporti precari, delle illusioni sentimentali, e delle nevrosi del singolo e della coppia ha un illustre padre: Woody Allen. I suoi film sono preziose testimonianze dell'amore (im)possibile legata a problematiche personali/esistenziali psicanalitiche.. L'arrivo di Allen sulle scene cinematografiche è stata una vera rivoluzione, tanto che per me c'è un prima e un dopo nel mondo assai complesso delle commedie, in seguito all'arrivo del maestro di New York. Certo, sul finire degli anni cinquanta un film come "Marty" aveva in un qualche modo anticipato le tematiche alleniane, ma è proprio il lavoro costante di questo genio dell'arte cinematografica e non solo, che ha dato una scossa importante al genere e ai riferimenti.
Non vuol dire la fine della classica commedia romantica (che ripeto adoro) ma l'affiancarsi di un approccio che ha un suo forte pubblico di riferimento. Entrambi gli spettatori ricevono una certa consolazione durante la visione che sia l'idea di un sogno che ci strapperà dalla triste realtà o che la triste realtà è l'unica possibile, per cui cosa ti impegni a costruire rapporti solidi o credere di migliorare?
Ci tengo a sottolineare quanto l'importanza di Allen non si fermi solo al modo di scrivere sceneggiature o curare la regia, ma che si evidenzi in modo forse non ancora del tutto analizzato e compreso, nella recitazione.
Quel modo di frasi spezzate, balbettii, sarcasmo, è diventato un cliché per certi interpreti di film brillanti o leggeri. Certo nei film che si ispirano anche vagamente al metodo alleniano, manca la profondità di sguardo sull'essere umano, per cui la recitazione serve solo a farci provare simpatia per un tipo o una tipa goffo/a.
In Italia invece che succede/ succedeva? Bè, il nostro modo di intendere la commedia è assai diverso rispetto a quella americana e anche francese. Ha radici che vanno in profondità nella rappresentazione sociale, spesso usando un disarmante cinismo che non è mai facile scorciatoia per i fgihetti che amano "i film cattivi", ma l'amarissima constatazione che il mondo è un posto crudele e feroce. Quindi parliamo della grande scuola degli anni Sessanta e dei suoi maestri, mentre è forte anche la presenza di un modo di far commedia legata ai frizzi e lazzi trasportati dal palco dell'avanspettacolo alla celluloide. Macario, i primi film con la coppia Vianello- Tognazzi, e sopratutto Totò, rappresentano questo modo di far ridere le persone.
Nel tempo l'avanspettacolo che per decenni ha lanciato comici e artisti popolari ha lasciato spazio agli show in tv. Una nuova generazione di comici ha preso d'assalto il cinema comico e leggero degli anni 80.
Sì, il Vanzinema e cinepanettoni vari.
Tuttavia proprio alcuni comici nati in tv presero una strada diversa rispetto al nazional-popolare più di grana grossa. Costoro da subito unirono la sana risata a uso e consumo di un pubblico vasto, alla introspezione malinconica, più o meno riuscita.
I loro nomi sono Francesco Nuti e Carlo Verdone.
I film dell'autore romano hanno sempre avuto un'attenzione particolare per le atmosfere malinconiche, la tragedia dietro la risata ( basti pensare all'episodio di Bianco Rosso Verdone con l'indimenticabile Sora Lella), una certa attenzione a nevrosi e malesseri esistenziali, certo si tratta di film che fanno parte dell'industria cinematografica senza preteste artistiche o di nicchia, ma non possiamo negare ad egli una grande capacità nel metter in scena personaggi e situazioni quasi sempre più interessanti rispetto alla commedia tipica degli anni che partono dal 1980 fino ai giorni nostri.
Verdone, a mio immodesto parere, ha dato il meglio di sé con due film che parlano di relazioni di coppia riuscendo a mescolare nel primo caso una storia alleniana in un contesto di commedia romantica tradizionale, o viceversa, e un ulteriore passo in avanti nel pessimismo molto simile - ma anche no- all'autore americano con quel bellissimo film che è "Sono pazzo di Iris Blond".
"Maledetto il giorno che ti ho incontrato" narra della possibilità d'amore di due persone che vanno in terapia. Trovo bellissimo questo narrare e declinare l'affettività amorosa e la relazione di coppia, attraverso due persone problematiche. Lo dico da uomo che da un po' di anni va in terapia. Cosa pensate quando sentite dire da una persona che va da un psicologo? Una persona malata, ci può stare, ma come valutate la sua malattia? Cosa pensate davvero delle sue problematiche? Non è passato troppo tempo da quando si rimproverava i depressi e si trovava come cura l'idea che "muovere il culo dal divano o dal letto", potesse servire a qualcosa.
Perché se la malattia fisica, che si voglia o meno non ha importanza, muove a compassione, pietà, quella legata all'anima, ala mente, genera paura, distacco, sottovalutazione. A nessuno viene in mente di dire che un malato di cancro faccia finta, ma a molti viene da dire questa scemenza per i pazienti dei psicologi.
Per cui un film dove i protagonisti sono due persone problematiche che attraverso il loro rapporto di sostegno e amore trovano un modo di vivere, di essere nel mondo, l'ho sempre trovata una cosa bellissima. A livello di sceneggiatura penso sia il film più riuscito di Verdone, anche se - dobbiamo sottolinearlo- è forse il migliore in assoluto quando si tratta di scrivere personaggi complessi e umanissimi nel genere commedia. In più, anche nel caso di "Maledetto il giorno che ti ho incontrato", ha una grandissima dote, pure questa unica se ci pensate bene, quella di dar spazio e spessore ai personaggi che sulla carta dovrebbero essere di spalla. Non sono mai degli assoli totali i suoi film, a parte i primi due forse che seguivano però un discorso legato alle sue presenze in tv, c'è sempre massima attenzione per l'attrice che divide la scena con lui.
Ecco, va sottolineata la presenza femminile nei film di Verdone, che non è mai messa lì per facili doppi sensi o per la storiella d'amore alla Pieraccioni, ma sono persone a volte anche poco piacevoli - come Iris Blond- mai macchiette.
Tutto questo in Maledetto il giorno che ti ho incontrato è fatto benissimo. Inoltre trovo assolutamente entusiasmante come l'ambiente urbano rispecchi a pieno gli stati d'animo dei personaggi. Il cielo grigio della Gran Bretagna o della mia amatissima Milano, è una continuazione atmosferica delle problematiche di Bernardo e di Camilla. Le loro indecisioni, le gioie, l'ansia, che li costringono a una vita "nuvolosa" trovano nelle location dei validi aiutanti.
Colgo l'occasione, prima di scrivere di questo straordinario film, che ovviamente le mie sono opinioni di uno spettatore, non certo le reali intenzioni degli autori o un trattato di critica cinematografica. Dico questo perché ho letto spiegazioni del finale di questa pellicola che non mi vedono concorde,, anzi, per cui forse pecco in pessimismo e non ho dato il reale peso di quello che per me rimane una conclusione di assoluta tristezza.
Tuttavia avanziamo in questa analisi delle pellicole verdoniane, sperando di non annoiarvi troppo.
Dopo il grande successo di critica e pubblico di "Viaggio di nozze", opera che riportava sul grande schermo il trasformismo dei primi due film del regista romano, Verdone torna con una commedia a parer mio abbastanza spiazzante. In questo caso c'è un radicalismo che prende lo spirito malinconico e alleniano di "Maledetto il giorno che ti ho incontrato" togliendo ogni parvenza di commedia romantica e lasciando che siano le delusioni, la reciproca tendenza a primeggiare sull'altro, a dettar regole e leggi.
Se Bernardo e Camilla cercano nelle reciproche mancanze e problematiche, una sorta di sostegno e unione per affrontare il cattivo tempo che li circonda, sia esteriormente che interiormente, tra Romeo e Iris non vi è mai la voglia di farcela insieme, di aiutarsi, ma semmai è potente il desiderio di realizzare il proprio, individuale, sogno di gloria. Crollato e negato a Romeo, dopo un rapido successo negli anni 70, da edificare e costruire per dar un senso alla nullità totale che si sa di essere, da parte di Iris.
Questa volta il cielo grigio del Belgio, le sue cittadine industriali e le luci di Bruxelles, non sono simbolo di stati d'animo che potranno esser ribaltati una volta che i nostri protagonisti si abbandoneranno alle responsabilità di vivere ed amare.
Iris e Romeo sono travolti dal clima cupo, che crea distanza e diffidenza, solitudine e amarezza. L'amore è sempre negato, o un rifugio per non essere/stare troppo solo o sola. Parassitismo sentimentale, ecco come potremmo definire i rapporti che i protagonisti vivono tra loro o con le relazioni precedenti.
Pure il genere musicale scelto ha atmosfere gelide e rarefatte, specchio dell'aridità dei sentimenti che contraddistingue i due musicisti. Altro elemento sempre descritto e trattato con estremo rispetto nei film di Carlo Verdone, è senza ombra di dubbio la musica. Se in Maledetto il giorno che ti ho incontrato, Bernardo è un giornalista/critico musicale alle prese con una biografia di Hendrix ( ma la vera chiccha è far dire a Richard Benson "come dimenticare la biografia su Felix Pappalardi" credo che in pochi sappiano chi sia) in questo caso Romeo è un omaggio sentito e toccante nei confronti di tutti quei gruppi e cantanti romantici tipici degli anni 70. Anche la presenza di Mino Reitano è inserita in un contesto nostalgico ma non scevro da un'acuta e dolente nota di amarezza. Da parte sua Verdone mette in evidenza che è un fruitore di musica attento a quello che lo circonda. Per Romeo invece questo voler essere moderno dal punto di vista delle composizioni musicali, è un modo per rompere con le delusioni del passato, dovute a una relazione interrotta causa tradimento della compagna di vita e lavoro, e un presente in cui accompagna una cantante esistenzialista che dal passato non vuol proprio distaccarsi per non distruggere un mondo di abitudini e ricordi.
Dove però la sceneggiatura stupisce e convince ( questo film è stato co- scritto con Francesca Marciano autrice dello script di Maledetto il giorno che ti ho incontrato a cui si aggiunge Pasquale Plastino) è nella rappresentazione del personaggio femminile principale.
Iris, una bravissima Claudia Gerini, è la personalizzazione radicale ed estrema del tipico personaggio da commedia romantica di quel periodo ( e anche del nostro), in cui una donna libera e indipendente vive la sua affettuosità fisica senza dover tener conto di oscurantismi e reazione. Simbolo del benessere liberista nella vita delle giovani donne e anche degli uomini, seppure ad essi viene relegato un ruolo di seduttore/bambinone che è più tradizionale.
Qui l'oscurità non è nemica della fanciulla libera, che si rigenera giorno dopo giorno, usando il sesso per ribadire il fatto di essere vive e con un potere sull'altro, In questa pellicola è Iris l'oscurità, mescolato col nulla .
Non vale nemmeno la pena di pensare una redenzione attraverso l'amore ( come capita a Camilla, una straordinaria Margherita Buy in Maledetto il giorno che ti ho incontrato) perché Iris non è una persona in difficoltà che sta tentando di uscire dai suoi problemi. Lei come moltissime persone figlie del libero mercato, crede che aver problemi e tenerseli stretti sia l'unico modo per vivere. Per uscirne non cerca l'impegno di amare, ma la scorciatoia anche piacevole della scopata. Una illusione di gioia che dura poco, poi si torna nel vuoto.
Iris usa Romeo perché far la cantante, esibirsi, le sembra in quel momento l'unico modo per far saper al mondo che esiste e vale, ma dura poco.
Il finale è amarissimo perché segna la sconfitta di ogni sentimento, sacrificato alla chimera del successo ( Iris riconosce che senza Romeo è nulla) e per l'uomo è la fine del suo voler essere pigmalione e musicista riconosciuto e apprezzato e dell'illusione di poter insegnare l'amore a una persona che non amando sé stessa non può amare nessuno altro.
L'ultima sequenza mostra Romeo in un locale con molta gente intorno a lui che canta un successo del duo di cui faceva parte quando c'era Iris. Il pubblico c'è ma non è detto che segua la sua esibizione, sopratutto il fatto che suoni una canzone legato a un particolare momento della sua vita e non sia passato ad altro, non ci mostra un uomo che finalmente ha trovato il successo, ma uno schiavo senza catene del tuo amore, come cantava Marco Ferradini
E Ferradini ha sempre ragione.
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