Nei primissimi anni 70, sulla spinta del successo delle opere argentiane, vennero prodotti diversi film thriller a base di sadismo e un soffuso erotismo.Sicuramente perché donne discinte e situazioni più o meno pruriginose, spingevano lo spettatore medio a uscir di casa e recarsi al più vicino cinema per goder della visione di attrici spesso svestite. Poca roba, ma in quei tempi ancora molto puritani era davvero tantissimo. Una sfida alla morale pubblica bigotta e conservatrice, qualora ci piaccia pensare che questi film abbiano una valenza anche sociale e politica, un discorso rivoluzionario sul mostrare, vedere, abbattere le barriere della censura sul corpo e sul sesso. Credo che qualcuno possa anche pensare una cosa simile, ci sta. Dopotutto sono anni di rivolte, occupazioni di fabbriche e di lotta al perbenismo soffocante. In quei tempi si poteva ancora fare, oggi è abbastanza ridicolo visto i notevoli cambiamenti.
Non lo so, mi piace credere che il cinema- come testimone della società e delle sue contraddizioni- abbia anche esso contribuito a modernizzare il paese, sopratutto nei costumi sessuali. Non è detto che sia un bene a prescindere, tuttavia un suo elemento positivo in questa mutazione della società è giusto pensarlo e anche trovarlo.
Il film è diretto da un artigiano del nostro cinema, uno che si è fatto le ossa nel genere spaghetti western spesso pesantemente ironico e a suo modo stravagante, ma è anche tra gli inventori del personaggio di Sartana, ha proseguito poi con commedie di grana grossa e qualche incursione nel genere horror. Uno di quelli che chiamiamo mestieranti, e a mio avviso facciamo pur un torto quando fingendo di esser a favore del cinema popolare, ne intellettualizziamo le opere e ingigantiamo i meriti. Un onestissimo lavoratore come tanti suoi colleghi, il quale fra le tante pellicole, ci ha donato anche questo thriller che a mio avviso non è niente male.L'opera ha un suo certo fascino morboso, ambiguo, in cui il sadismo e l'erotismo creano un mondo di orrori e perversioni, di legami famigliari pericolosi, di follia. Il merito è a mio avviso dovuto alla sceneggiatura di Ernesto Gastaldi, un grandissimo nome del cinema di genere italiano, autore di tantissime sceneggiature che hanno attraversato il gotico, lo spaghetti western, il poliziesco. La trama, a mio avviso, è avvincente e pur con qualche caduta di tono, non è troppo improbabile e non scade mai nel ridicolo.
In una enorme palazzo di Genova, avvengono alcuni brutali omicidi. Nell'appartamento in cui viveva l'ultima vittima, arriva ad abitare Jennifer insieme a una sua amica. Le due sono delle modelle in città per un servizio fotografico. Jennifer è perseguitata dal marito, dal quale è sfuggita , con il quale ha condiviso una vita di sesso di gruppo e uso di droghe. La donna vorrebbe rifarsi una vita, ma costui la tormenta in ogni modo. Nel frattempo i delitti continuano, e ad esser sospettato è un giovane architetto, che diventa ben presto amante di Jennifer.
Il finale mostrerà la vera identità del feroce killer e la sua motivazione, punire donne discinte perché in un modo distorto ci vede la fine tragica della figlia.
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